La Direttiva 2006/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio è datata 17 maggio 2006 (Direttiva Macchine); è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo (D.Lgs.) del 27 gennaio 2010 n. 17.
Lo scopo della normativa è quello di garantire la sicurezza e la salute delle persone (lavoratori e consumatori) e, all’occorrenza, degli animali domestici e dei beni, nei confronti dei rischi derivanti dall’uso delle “macchine”: il processo di marcatura CE descritto dalla Direttiva inizia fin dalla progettazione della “macchina”, proseguendo con la sua fabbricazione, con il fine unico di migliorare il livello di sicurezza della “macchina”.
Ma cosa si intende per “macchina”? E per “quasi macchina”? Il primo aspetto importante da analizzare è, quindi, capire con esattezza se il prodotto in questione rientra in una o nell’altra definizione: definizione non semplice, certamente articolata, con diverse declinazioni e comprendente diversi prodotti, come ad es. accessori di sollevamento, componenti di sicurezza.
Quando una “macchina” deve essere marcata CE, quindi rispettare quanto previsto dal D.Lgs.17/10?
Il Decreto parla chiaro: l’obbligo di rispetto della normativa a carico del fabbricante nasce nel caso di messa a disposizione e nel caso dell’immissione sul mercato della “macchina”. Due momenti differenti che devono essere ben compresi dall’imprenditore fino in fondo per evitare che quest’ultimo si crei delle false certezze e delle false sicurezze.
Sono state apportate delle modiche ad una ”macchina”, già CE, di tipo prestazionale, sulla funzionalità, al quadro elettrico (es. per adeguarla all’industria 4.0)?
La “macchina” è stata fatta lavorare assieme ad altre macchine?
A seguito di queste modifiche è necessario capire se la nuova “macchina” è assoggetta alla Direttiva Macchine, nel qual caso, facendo nascere un obbligo a carico del Fabbricante, ossia a carico di colui che ha apportato le modifiche: obbligo di una nuova marcatura CE.
Molte sono le tematiche che devono essere affrontate e gestite puntualmente quando si ha a disposizione una “macchina” da marcare CE: “progettazione della “macchina”, “costruzione della “macchina”, fasi di “trasporto, montaggio, manutenzione, smontaggio, smantellamento, rottamazione”, “uso previsto della “macchina”, “uso ragionevolmente prevedibile della “macchina”, normative armonizzate, requisiti essenziali di sicurezza, e così dicendo.
Le misure adottate dall’impresa per raggiungere la marcatura CE della “macchina”, con il supporto del consulente dello Studio Zandegiacomo, devono avere un unico scopo: eliminare/ridurre, adottare misure adeguate per ogni rischio durante “l’intera esistenza della “macchina”. Da leggersi anche, evitare sanzioni e costituzione di reato che possono colpire l’imprenditore (fabbricante o mandatario).
Se ciò non bastasse, i vari organi ispettivi qualora rilevassero (per segnalazione, controlli, infortuni, ecc.) che una “macchina” rischia di compromettere o compromette la salute e la sicurezza delle persone, animali domestici, beni, possono ordinare il ritiro della “macchina” dal mercato, come vietarne l’immissione.
Diversi sono quindi gli aspetti che lo Studio Zandegiacomo analizza accuratamente prima di iniziare la procedura di marcatura CE del prodotto in questione.
Insomma ci sono tutti presupporti per approcciare seriamente e con una certa cautela alla marcatura CE di una “macchina”, poiché i riflessi di un’azione superficiale o pressapochista non conviene a nessuno.